Il nome di Amato Prospettive incerte per la presidenza della Repubblica Di tutti i nomi che sono stati fatti per il Quirinale, abbiamo come l’impressione che davvero solo tre di questi siano spendibile mentre il resto serva a far scrivere i giornali. Di certo quello di Giuliano Amato, per l’autorevolezza che comporta, merita una qualche particolare attenzione. Per quanto il professor Amato sia sotto il profilo personale, oltre che istituzionalmente, adattissimo alla carica, ci sembra impossibile una sua elezione a meno che davvero si voglia rimettere in discussione gli ultimi vent’anni della nostra storia, fino a riannodarne il filo al 1992. Fu in quel delicato momento della vita del Paese che Amato fu il nome di una rosa di candidati del partito socialista alla guida del governo che Craxi propose al parlamento, primo davanti a De Michelis e Martelli e non solo per ordine alfabetico. Amato, ancora una volta si era dimostrato la persona di maggior fiducia su cui il leader del psi azzoppato dalle prime vicende giudiziarie che lo coinvolgevano, si rivolgeva. Craxi sapeva stimare gli uomini come pochi altri politici e di Amato aveva una considerazione altissima, non solo sul piano delle capacità finanziarie, fu ministro del Tesoro nel governo De Mita, ma principalmente sul piano costituzionale. La grande riforma che il leader del psi aveva proposto al Paese fin dalla seconda metà degli anni ’80 del secolo scorso, trovava in Amato uno dei principali ispiratori e sostenitori. E’ vero che il governo Amato poté pochissimo sul piano delle riforme e sicuramente deluse Craxi per quello che poteva sperare in aiuti sulla sua situazione. Ciò non toglie che una presidenza Amato non sarebbe possibile senza una riconsiderazione politica e morale del defunto leader del Psi e che in qualche modo richiedesse un qualche aggiustamento nella rotta delle riforme costituzionali, perché per Amato la madre delle riforme non sarebbe il monocameralismo, o l’abolizione del titolo V, che ha introdotto un suo secondo governo debolissimo di fine legislatura, ma il presidenzialismo. Non crediamo sinceramente che Amato sia in corsa per la Presidenza della Repubblica, ma se invece ci sbagliassimo è chiaro che una presidenza comporterebbe un significato preciso. Per prima cosa una revisione della storia di mani pulite, visto che un presidente della repubblica la cui carriera istituzionale è dovuta principalmente agli uffici di Bettino Craxi, non potrà mai accettare che la storia del Psi i cui ha militato per trent’anni possa essere considerata criminale. Secondariamente, l’esperienza della riflessione compiuta sulle riforme all’interno del Psi ha portato Giuliano Amato ad essere il campione del modello presidenziale e questo profilo istituzionale diverrebbe dominante nella parte conclusiva della legislatura a maggior ragione delle incongruenze presenti nel testo attuale. Tutto sommato se Amato divenisse capo dello Stato, la Repubblica farebbe un affare. Roma, 27 gennaio 2015 |